La primavera è finalmente arrivata e con essa anche la voglia d’estate e spensieratezza.
Amo questa stagione dai colori brillanti, che regala lunghe giornate di sole e ci fa dimenticare il freddo inverno appena concluso.
Avevo già da tempo programmato le prime scampagnate con gli amici ed ero ansiosa di poter andare dopo molti mesi al mare.
Ovviamente ogni mio piano è andato in frantumi.
Da un giorno all’altro l’Italia si è ritrovata in “lockdown”: vietati gli spostamenti non giustificati da comprovate esigenze lavorative o di salute e chiusura di numerose aziende.
Di punto in bianco la vita di tutti è stata completamente stravolta da un nemico invisibile che pian piano ha rivoluzionato le abitudini e la quotidianità, e forse anche il nostro modo di pensare.
Ma come è cambiata la nostra concezione del tempo in queste settimane di fermo immagine?
E quale nuovo significato hanno acquisito le mura domestiche?
In un momento di noia, apro le “storie” di Instagram e subito noto che la maggior parte dei miei contatti prova in qualche modo ad allenarsi come era solito fare in palestra, con tappetino e pesi, documentando l’enorme forza di volontà con timelapse.
Qualcuno si improvvisa chef e ormai il suo unico obiettivo è quello di mettersi in fila al supermercato già dalle sette del mattino per fare scorta di lievito di birra.
C’è chi vuole illudersi di essere in spiaggia, attrezzando giardino o terrazza con sedie a sdraio e lettini e chi invece preferisce stare al chiuso sfogliando compulsivamente il catalogo di Netflix, nella speranza di trovare qualche film o serie tv mai vista.
Per non parlare di coloro che si impegnano a scovare doti ed inclinazioni nascoste, dalla pittura al giardinaggio, per dare un senso alla reclusione forzata.
Ed è proprio la smania del dover a tutti i costi trovare qualcosa che ci tenga impegnati a descrivere perfettamente la società di cui noi stessi siamo artefici.
La nostra vita è sempre frenetica. Il tempo viene scandito dalle aspettative altrui, che incessantemente ci ricordano di dover concludere gli studi il prima possibile, in modo tale da trovare lavoro velocemente, come se fosse solo questa la strada giusta da percorrere.
Non a caso, i ragazzi che dopo le superiori o finito il percorso universitario scelgono di prendersi un anno sabbatico -in inglese “gap year”- sono giudicati in modo negativo e spesso vengono etichettati come “nullafacenti”.
Giusto qualche giorno fa, uno dei miei più cari amici mi ha inviato un messaggio che mi ha fatto alquanto riflettere. In particolare, mi ha confidato che ultimamente aveva smesso di guardare in modo ossessivo l’orologio e stava sempre più facendo affidamento al suono delle campane. Il loro rintocco, ancestrale e rassicurante, non è paragonabile a quello nevrotico e meccanico delle lancette dell’orologio.

In effetti, penso che ognuno di noi sia nella stessa situazione: la nostra percezione del tempo che scorre non è più la stessa. E’ come se stessimo vivendo in una specie di “limbo” e, nonostante le lezioni online o lo smart working, siamo in “stand-by”.
La vita di tutti i giorni è passata dall’essere meticolosamente pianificata e ricca di impegni al ridursi ad una incerta e strana routine che noi “animali sociali” tendiamo a seguire con difficoltà.
Per alcuni il focolare domestico è diventato sinonimo di rifugio e protezione, per altri una gabbia opprimente.
È importante che ogni membro della famiglia si ritagli i propri spazi e allo stesso tempo è fondamentale supportarsi a vicenda.
Penso che in questo periodo ognuno di noi debba cercare di essere il più ottimista possibile e, soprattutto, non lasciarsi travolgere dall’ondata di notizie negative (il più delle volte “fake news”).
Sia chiaro, con questo articolo non si intende in alcun modo sminuire le conseguenze di una pandemia che ha provocato numerosi morti e messo in ginocchio l’economia mondiale.
Semplicemente si vuole offrire uno spunto di riflessione più ampio, che possa mettere in luce ciò che molti giovani stanno vivendo, tra ansie e speranze.
Non voglio cadere nella retorica dello slogan “andrà tutto bene”, ma ciò nonostante sono convinta che il pessimismo e l’allarmismo non portino da nessuna parte.
Vinceremo la partita contro il virus, prima o poi.
E forse finalmente impareremo a dare il giusto valore al nostro tempo.