4 consigli pratici per esercitare la creatività ogni giorno

Tutti possiamo definirci creativi secondo certi criteri, perché i campi della creatività sono effettivamente infiniti: dalla pittura alla musica, dalla scrittura alla cucina, senza dimenticare sport, danza, recitazione…ce ne sono davvero tanti.

Ma essere creativi è un dono o un’abilità che si acquisisce con l’esercizio?

La verità come al solito sta nel mezzo: l’estro creativo di molti artisti rimane una dote innata, un dono ricevuto da madre natura che, tuttavia, senza il duro lavoro sarebbe rimasto tale e non si sarebbe mai trasformato in quei capolavori che sono stati capaci di rimanere nella storia.

Senza scomodare i grandi creativi della storia e del mondo dell’arte, concentriamoci sulla professione del creativo, quella ricercata da molte aziende per dare una rinfrescata al loro modo di comunicare o all’intera gamma di prodotti.

Perché il creativo può incidere sulla materia o semplicemente cavalcare un’onda comunicativa di cui lui stesso si fa portatore.

Quindi vediamo 4 lezioni che ho imparato a proposito di creatività e che ho trasformato in consigli pratici per esercitarla ogni giorno:

1. “Ripetere, ripetere, ripetere. La creatività non si improvvisa”.

A 18 anni ero un giocatore di basket abbastanza indisciplinato, facevo affidamento sulla mia grande velocità e agilità, che compensavano un’altezza non propriamente da giocatore di pallacanestro. 
Il mio ruolo era di playmaker e mi ispiravo alle giocate di Jason Williams (se non lo conoscete andatevi a vedere qualche video su YouTube), evidentemente con risultati scadenti.
Questo comportava sempre giocate rischiose, passaggi tentati al limite dell’impossibile che troppe volte finivano per regalare l’ennesimo contropiede alla squadra avversaria.

Un giorno il mio allenatore mi prese da parte e mi disse: “vuoi fare queste cazzate? Prima provale in allenamento, 1000 volte, e solo quando ti verranno sempre potrai farle in partita”.

Il talento di Jason Williams io purtroppo non ce l’avevo, per quanto ci provassi, ad ogni giocata buona in allenamento seguivano altri 20-30 palloni buttati. Per cui decisi di trovare la mia dimensione e mi costrinsi a trovare delle alternative più “umane” per esprimermi. 

La morale qual è: se abbiamo veramente un talento, questo va allenato. Provare e riprovare una cosa ci può far capire se abbiamo veramente un dono o se si tratta di qualcosa che è nato per puro caso.

Scrivere un tormentone di successo non ci trasforma in Ed Sheeran se ad esso non seguono altrettanti brani fortunati; quindi il segreto è ripetere, ripetere, ripetere.

2. “Possiamo cadere qualche volta, dobbiamo accettarlo”.

Quando ero in Erasmus a Málaga andavamo spesso in spiaggia a fine lezione, anche quando in Italia era autunno inoltrato. 

C’era in particolare una zona, chiamata El Palo, dove si radunavano appassionati di wind-surf, kayak e SUP.

Per chi non conoscesse il SUP, è una semplice tavola da surf in cui ci si muove con un remo restando in equilibrio in posizione eretta.

Personalmente sono sempre stato una frana con tutto ciò che assomigliasse a surf, skateboard o snowboard, però un giorno accettai di seguire alcuni miei amici francesi su questo SUP.

Loro erano parecchio disinvolti, anche perché abituati a viaggiare in skate, mentre io ero molto rigido. Piccolo inciso, era il pomeriggio del 31 ottobre e per quanto ci fosse ancora una temperatura mite, l’acqua del mare era davvero gelida.

Fra tutti c’era un ragazzo di Marsiglia, Bastien, il più agile di tutti, che cercava di fare trick incredibili, ogni tanto cadeva e rideva insieme a tutti gli altri. Così, avvicinandomi lentamente, gli chiesi qualche consiglio.

La sua risposta fu semplice: “Non devi aver paura di cadere, può accadere e lo devi accettare”.

Da quel momento capii: ero più concentrato sul pensiero di non perdere l’equilibrio che in quello di muovermi. Così, dopo la prima traumatica caduta nell’acqua ghiacciata, iniziai a remare via via più rapidamente e, scivolando con disinvoltura fra le onde, diventai tutt’uno con la tavola.

Essere creativi molto spesso comporta dei rischi, non tutti accettano subito ciò che proponiamo, ci saranno sempre delle critiche e molte volte i primi a rimproverarci saremo noi stessi.

Quindi il segreto è accettare questo rischio come parte del processo creativo e abituarci ogni giorno alle “cadute”, per essere sempre più sciolti nelle nostre creazioni.

3. “Labor limae. Quando una cosa è fatta bene, può essere fatta meglio”.

Prendo in prestito una celebre citazione di Gianni Agnelli, che incarna lo spirito sabaudo di abnegazione ed etica del lavoro.

Nel terzo consiglio riporto alla memoria una lezione della mia professoressa di lettere del liceo, a cui devo molto; in particolare porto sempre con ma la spiegazione del labor limae di Catullo.

Per labor limae, letteralmente “lavoro di limatura”, si intende quel lavoro di fino svolto dai poeti e letterati che, dopo aver abbozzato un’opera, si dedicano a un attento lavoro di scelta delle parole.

Come detto al primo punto, anche l’estro creativo va “imbrigliato” nel lavoro, e questo l’ho capito io per primo quando mi approcciai al mondo della musica, imparando quei quattro accordi grazie ai quali con la chitarra puoi eseguire il 70% del repertorio pop mondiale.

Dopo aver scritto la mia prima canzone ero veramente soddisfatto di me stesso, salvo, a distanza di anni, accorgermi di diversi errori grossolani, accompagnati da una scelta di parole “pigra”, per usare un eufemismo.

È facile farci prendere dagli entusiasmi quando siamo al cospetto di una nostra creazione, la vediamo quasi come una nostra figlia, qualcosa che fa parte di noi, ed è difficile metterla in discussione. Invece è proprio qui che inizia il processo creativo, quando ci innamoriamo di un nostro lavoro dobbiamo avere il coraggio di “limarlo”, togliere il superfluo, così che da buono diventi eccellente.

4. “Ascoltare, osservare, capire. Il mondo esterno è la prima fonte d’ispirazione”.

La musica è una mia grande passione, e fra i miei hobby c’è appunto quello di suonare la chitarra e scrivere canzoni, come anticipato in precedenza. Mi piace la poetica di De André e quella di De Gregori e Guccini. In generale ho sempre trovato i grandi cantautori italiani molto affini a ciò che voglio comunicare.

Fra questi c’è anche Max Gazzé, un cantautore di cui ho sempre ammirato la scelta stilistica di molti arrangiamenti e l’uso mai banale di parole e figure retoriche.

In occasione della presentazione di Alchemaya, Max era presente proprio nella mia città, così decisi di sfruttare l’occasione per “rubare” un autografo sul nuovo album.

Dopo quasi due ore, fra presentazione e coda annessa, fu finalmente il mio turno per presentarmi all’artista; avevo una semplice domanda che decisi di porgli: “Come si trova l’ispirazione per una canzone?”

La sua risposta fu molto limpida: “Ascolta più musica che puoi, generi diversi, autori differenti, periodi, stili…lasciati contaminare da tutti quelli che ascolti e dopo dimentica tutto. Assimila tutto ciò che hai ascoltato e fai nascere qualcosa di veramente tuo”.

Rimasi molto colpito da quel consiglio che può sembrare scontato ma non lo è affatto; certo, a parole sembra molto semplice, ovviamente non è mai così. Eppure è proprio lì che ho imparato un’importante lezione: anche nella creatività niente è innato. 

Come recita il postulato fondamentale di Lavoisier “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”; anche nel mondo dei creativi è così. 

È impossibile negare l’influenza del mondo esterno, così come degli altri artisti, ma possiamo sfruttare queste scintille per far nascere un nuovo fuoco, unico ed originale: il nostro.

Andrea Caenazzo
Andrea Caenazzo
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