Com’era facilmente prevedibile, dopo un seppur parziale allentamento delle misure restrittive, da un paio di giorni circola un’ immagine che ha scatenato le ire del web e delle istituzioni.
Si tratta di un’immagine dei Navigli a Milano, zona di movida e aperitivi, che ritrae parecchie persone intente a consumare le bevande “da asporto” davanti ai bar, seduti a cavalcioni sul muretto e privi di dispositivi di protezione come mascherine o guanti, ovviamente senza rispettare il distanziamento.
Come consuetudine sui social è partita la caccia all’untore, all’insulto facile, persino il Sindaco di Milano Giuseppe Sala si è lasciato scappare la frase “sono veramente inc*****o”.

Se da un lato l’indignazione per questa mancanza di senso di responsabilità personale è ampiamente condivisibile, è curioso notare come la continua ricerca di un “colpevole” in situazioni drammatiche scateni campagne d’odio (come quella “fotografa il runner” durante il lockdown) che non contribuiscono in nessun modo al rispetto delle regole ma che incitano a una tendenza di voyeurismo giornalistico, una sorta di controllo perverso della vita quotidiana di persone che cercano di riappropriarsi di un briciolo di normalità.
Sarà anti-convenzionale e sembrerà una difesa a quell’immagine dei Navigli, ma la mia riflessione è una difesa al buonsenso: è corretto far notare situazioni dove ci sono violazioni delle regole ma, nel caso dei Navigli, non avrebbe avuto senso prima dell’ordinanza del Comune avviare un piano di controlli da parte delle forze dell’ordine nelle zone più a rischio assembramento come i Navigli?