Il “Racconto breve a più mani” di Alessandra Sciarrino

Oggi vi vogliamo presentare Alessandra Sciarrino e il suo progetto “Racconto breve a più mani”!
Vediamo insieme di cosa si tratta…Cominciamo!

Ciao Alessandra, intanto grazie per la tua disponibilità nel parlarci un po’ di chi sei e del tuo progetto “Racconto breve a più mani”. Raccontaci un po’ di te, chi è Alessandra?

Ciao ragazzi, per quanto mi appellerei volentieri al Quinto Emendamento, giocherò a carte scoperte: quando è nata, ad Alessandra hanno incollato in fronte un bell’adesivo con scritto “comunicatrice”.

Credo sia andata più o meno veramente così perché sin da piccola provavo un senso di eccitazione nello studiare le situazioni in cui mi trovavo, ascoltando le persone (soprattutto quelle più grandi) e buttandomi nella mischia verbale, lanciandomi in conversazioni e confronti con conoscenti o perfetti sconosciuti — che fosse stato in italiano o in inglese. Sono cresciuta nel contesto di una Base NATO e ho iniziato a viaggiare dall’età di otto mesi — quindi è stato pressoché inevitabile che concetti come la multiculturalità, l’adattamento ai cambiamenti e l’empatia, diventassero dei capisaldi del mio mindset; e credo che proprio da qui derivino due mie passioni: quella per ciò che vedo — l’arte, nella sua accezione più onnicomprensiva e totalitaria; e quella per raccontare e descrivere ciò che vedo — scrivere (e fotografare).

Sul piano accademico, dopo il ripensamento su una carriera da vulcanologa, ho deciso di conseguire una laurea triennale in Management del Turismo e una magistrale in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali — sviluppando un sempre più forte interesse per la sociologia, la filosofia e l’estetica.

Negli ultimi sette anni ho sempre lavorato nella comunicazione — dall’operatività alla strategia, finendo anche a fare la docente di Comunicazione Visiva all’Università Ca’ Foscari di Venezia; o come Cultural Project Manager, sia nel settore no-profit che nel pubblico e privato — cimentandomi anche in un’indimenticabile esperienza di autoimprenditorialità che ho co-condotto con altre tre straordinarie ragazze: ‘NØRA.’, una piattaforma di audience engagement che metteva in relazione i millennial con il mondo dell’arte moderna e contemporanea. Ci ha fatto viaggiare parecchio tra Venezia, Londra e Berlino — facendoci interloquire con realtà importanti come Google UK e l’Hamburger Bahnhof Museum di Berlino. Una delle cose più belle che abbia fatto, per ora, nella vita.

Poi è arrivato il “Racconto breve a più mani’.

Beh direi una bella vita ricca di esperienze! Perché quindi l’idea di “Racconto breve a più mani”? Da cosa nasce?

Partiamo dalle basi: il ‘Racconto breve a più mani’ è un esperimento di scrittura creativa su Instagram, in cui chiunque può partecipare alla creazione di un racconto collettivo, lasciandomi una frase di senso compiuto in risposta a una traccia da me fornita.

Era la sera di mercoledì 6 novembre del 2019, poco più di sette mesi fa. Ero appena tornata da Berlino e proprio in quei giorni ricorrevano le celebrazioni per il trentennale della caduta del muro. Sono sempre stata molto legata a quell’evento colossale e allo storytelling che lo ha iconicamente caratterizzato — ed è stato proprio questo l’elemento propulsore che mi ha innescato l’idea del ‘Racconto breve a più mani’. Leggere, vedere e ascoltare le testimonianze, i ricordi e le emozioni di chi aveva vissuto quell’avvenimento, mi ha riportato a un costrutto che è molto più di un pensiero scontato: ognuno di noi, con la propria storia, va a essere parte del pattern di una storia molto più grande. Quella con la S maiuscola.

Mi sono quindi detta: proviamo a dare una svolta a questo mercoledì sera utilizzando le funzionalità dei social in un modo altro.

Presi in mano il telefono, aprii Instagram e iniziai a buttare giù delle parole su uno sfondo nero (che poi avrei pubblicato nelle mie storie):

«Voglio lanciarvi un gioco: SCRIVERE UN TESTO A PIÙ MANI. Io vi scriverò la prima riga e voi risponderete SCRIVENDO UNA FRASE DI SENSO COMPIUTO. La frase che scriverete non deve necessariamente essere legata all’apertura che vi fornisco. Alla fine di questo esperimento, pubblicherò la summa delle vostre risposte qui nelle mie storie».

La frase che diedi come traccia diceva: «Correva il 6 novembre 1979 quando» — presa dall’ispirazione dell’anniversario della caduta del Mauer, mi domandavo come sarebbe potuto essere quel giorno, dieci anni prima del crollo.

A questo esperimento parteciparono quindici persone, per lo più sconosciute tra loro e dalle più disparate parti d’Italia.

Non feci alcuna campagna, sponsorizzazione, invito particolare o pressione a partecipare, volevo — e tuttora desidero che sia così — che fosse una call to action su base volontaria. Non mi sono mai interessati i grandi numeri, perché oltre a essere solo io a occuparmi dell’editing — e per quanto possa sembrare “semplice” è un lavoro impegnativo e che richiede tempo — ciò che mi ha portato a realizzare questo progetto è stato il voler dimostrare come la storia degli individui contribuisca alla storia dell’umanità. Non importa per quanto tempo o in che misura, lo fa e basta.

Lasciai per 24h il Q&A box nelle mie storie — dove far rispondere le persone con il proprio contributo — dando quindi come deadline per l’application quella della durata di default delle Instagram stories.

Quello che lessi il giorno successivo fu come un colpo di cannone in pieno petto: quelle persone, quegli autori — perché tali sono — pur non sapendo cosa avessero scritto gli altri, nella loro brevità avevano scritto dei pezzi di qualità, lasciando dei frammenti di storia che andavano a incastrarsi l’uno con l’altro, come in un puzzle. Non cambiai nessuna parte testuale di ciò che mi era pervenuto e provai un vero senso di serendipità nel mettere insieme quelle frasi: aveva tutto perfettamente senso. Frasi che singolarmente avrebbero detto o non detto molto, assemblate con le altre andavano a creare una vera e propria storia.

Il giorno seguente editai e chiusi il tutto, lo pubblicai nelle mie storie (che poi misi in evidenza) e sin da subito iniziai a ricevere messaggi di meraviglia e apprezzamento, sia per l’idea che per il risultato.

Da fan della democratica egemonia culturale, un altro aspetto fondamentale che mi premeva sdoganare, era quello di dimostrare come scrivere non sia un “dono elitario” destinato a pochi.

Tutti, a nostro modo, siamo in grado di scrivere e tutti siamo in grado di migliorare — in qualsiasi cosa.

Più di una volta ho incontrato persone che non si sono cimentate nel fare qualcosa per loro di inedito, anteponendo — a mò di certificato medico — la giustificazione «Sono incapace/Ma tanto non lo so fare» e questo mi ha portato a interrogarmi su quanti talenti siano sfortunatamente rimasti nell’oblio, solo perché non incoraggiati abbastanza o per abitudine a rimanere nella comfort zone.

Nel corso di questo progetto mi sono imbattuta più volte in persone che mi dicevano «Eh vabbè ma a te viene facile scrivere, io non riesco a scrivere un racconto da sol*»: da sol* magari no, ma con qualcun altro sicuramente sì.

E così è stato.

Ad oggi quello che è nato come un esperimento sociale dettato dall’otium, si è trasformato in un appuntamento mensile con alle spalle già sei edizioni — la settima verrà lanciata domani sera.

Nel procedimento nulla è cambiato, le poche regole e istruzioni (ogni volta ripetute per agevolare la partecipazione anche ai nuovi arrivati) sono sempre le stesse.

A essere cambiate sono le quantità: il numero delle pagine è velocemente aumentato di volta in volta, come il numero di autori (sino ad ora settantasei), delle condivisioni dei racconti e della quantità di testo scritto individualmente: molti preferiscono inoltrarmi il loro contributo via messaggio privato in risposta alla mia storia con la traccia, così da partecipare con un testo un po’ più corposo (visto il limite di caratteri dei Q&A box).

Qual è l’essenza e le emozioni che si vogliono trasmettere con questo progetto?

È davvero singolare come il caso, abbia fatto sì che lanciassi questo progetto proprio a novembre dell’anno scorso. Né prima, né dopo, andando inevitabilmente a raccontare la transizione dal “sicuro” spaccato di quotidianità al quale eravamo abituati, a ciò che adesso stiamo invece vivendo.

Prima che scoppiasse la pandemia del COVID-19, le tematiche che proponevo nelle tracce di apertura erano legate a una sorta di “stagionalità”. I racconti di quei mesi invernali parlano di nostalgia, d’amore, di ribellione, di sogni, di riscatto personale, di introspezione, di azione e di speranza. I racconti di marzo e aprile anche — anzi, in modo decisamente ancora più spinto e ricorrente — ma con un tono nitidamente diverso: se fino a febbraio si parlava di passato e presente, da marzo si parla di presente e futuro. C’è stata una sterzata netta nella percezione e considerazione del tempo, come se finalmente ci si fosse resi conto che ciò che è veramente importante è la scelta di come vivere e gestire il qui e ora.

Prima che le nostre vite venissero massivamente sconvolte, l’elemento dei ‘Racconti brevi a più mani’ che ogni volta sbalordiva i lettori/autori (e ovviamente la sottoscritta) era quella sorta di invisibile fil rouge che legava ciascun contributo (e quindi ciascun autore) all’altro: è come se tutti i partecipanti siano empaticamente collegati tra loro da qualcosa che va oltre la traccia da me fornita. È superfluo quantificare come questo fenomeno si sia acuito con l’avvento della quarantena e del lockdown, visto che tutti ci siamo più o meno ritrovarti a condurre forzatamente stili di vita simili. La massima espressione di questo senso di comunanza è stata raggiunta nel racconto di aprile: dalle sensazioni, visioni e situazioni raccontate, ai numerosi messaggi che mi venivano lasciati in direct — tipo: «Questo avrei potuto benissimo averlo scritto io!», «Mi ci rivedo tantissimo» o «È esattamente quello che sto facendo in questo momento!».

Sarà davvero interessante vedere l’evoluzione narrativa — e sebbene su un campione limitato, anche quella sociale — che ci sarà tra gli autori in questi mesi, perché di fatto questo insieme di racconti sarà una sorta di diario di bordo pre/durante/post l’evento globalmente più traumatico di questo secolo (almeno, spero che si limiti a essere “solo questo”).

Per il momento però mi sbilancio di dire che già in questi ultimi mesi, soprattutto in quello appena trascorso, vi è stato un allontanamento dal latente cinismo invernale, in favore di una maggiore consapevolezza del proprio sé e di una rinnovata fiducia nel futuro.

Hai già una qualche idea di come questo progetto si possa evolvere? Quali sono i prossimi passi che ti appresti a compiere?

A: Attualmente i sei racconti finora realizzati sono tutti disponibili nelle storie in evidenza sul mio profilo Instagram @strangealexa — e lo saranno per tutta la durata del progetto (compresi quelli a venire); ognuno con un proprio album, contraddistinto dal numero di uscita dell’edizione.

In una prospettiva futura invece, sia dall’esito del risultato che dall’entusiasmo riscosso sin dalla prima edizione, c’è stato subito il desiderio di evolvere questo progetto in “qualcosa di più”.

Leggendo il racconto di novembre, la mia cara amica, fotografa e regista, Martina Loiola (@martiloi) — che aveva anche partecipato come autrice — mi propose seduta stante l’idea di provare a realizzare un film sulla storia che si era venuta a delineare. Ovviamente la proposta mi elettrizzò e accettai immediatamente. Con il passare dei mesi però mi resi conto che realizzare un film per una sola storia sarebbe stato un peccato, ma anche che realizzare un film per ciascun racconto sarebbe stato sì bellissimo, ma un suicidio. Abbiamo quindi deciso di voler raccontare tutte le storie in un unico film, in una visione d’insieme.

Al momento quindi i miei piani prevedono che questo ciclo del ‘Racconto breve a più mani’ si esaurisca con l’edizione di dicembre 2020 — e che con l’inizio del nuovo anno possano partire i lavori per l’adattamento cinematografico.

Ma non solo.

Oltre il film è mio grande desiderio — e farò di tutto per concretizzarlo — quello di realizzare anche una raccolta stampata: un libro frutto di un esperimento sociale tra co-autori per lo più sconosciuti tra loro, uniti dalle mie mani e che insieme hanno contributo a realizzare tredici incredibili storie, in uno spaccato temporale che andrà per sempre a segnare la storia dell’uomo.

Non ti nascondo che mi sento un po’ un’adolescente in preda alle ebbrezze ormonali: non vedo l’ora di dare forma a tutto questo, fare un tour di presentazione e firma copie con gli autori, vedendo così di persona quelle tante mani.

Hai trovato qualche difficoltà o qualche resistenza nel realizzare questo progetto?

A: Per il momento no, ma sono certa che prima o poi nelle fasi di sviluppo, sia del film che del libro, ne insorgeranno — e saranno quasi sicuramente di carattere finanziario visto che attualmente il progetto è a zero budget, e per mettere in moto la macchina dei due spin-off, saranno necessarie delle campagne di crowdfunding.

Ottimo Alessandra grazie mille per aver condiviso il tuo progetto. Sono sicuro che più di qualcuno ora sarà incuriosito dal “Racconto breve a più mani”. Come ultima cosa vorrei chiederti, perché ti senti un po’ “orange”?

A: Per la comunione di intenti che abbiamo: raccogliere esperienze altrui, mostrando che seppur individui caratterizzati da peculiarità che ci rendono unici, siamo comunque parte di un tutt’uno.

E poi perché l’arancione è uno dei miei colori preferiti: quello del sole che tramonta sull’orizzonte del mare.

Perfetto Alessandra grazie davvero e… #stayorange

IMPORTANTE
Per chi volesse testare cosa si prova a scrivere un “Racconto breve a più mani”: l’appuntamento con l’edizione di maggio è domani sera, 13 maggio, nelle storie Instagram di @strangealexa.

Orange Romance Team
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