È di qualche giorno la notizia che la Grecia riaprirà i confini ai turisti europei in vista della stagione estiva, 29 Paesi tra cui Germania, Svizzera, Israele, Cina e Giappone, Italia grande esclusa.
Questa nuova forma di discriminazione nasce dalla diffidenza e dalla confusione che regna sovrana sulle regole europee in materia di turismo in epoca di Coronavirus e dall’immagine controversa che l’Italia ha dato di sé in questi mesi di lockdown.
Qual è il motivo per cui gli altri Paesi iniziano a vederci come gli “appestati d’Europa”?

L’impressione che ho avuto è che ultimamente le Regioni italiane abbiano iniziato una battaglia federalista, con le Regioni del Nord (quelle maggiormente colpite dal virus) in prima linea per le riaperture e le Regioni del Sud (con contagi minimi) barricate su posizioni “chiusuriste” con i Governatori De Luca, Santelli e Musumeci (Campania, Calabria e Sicilia) pronti a vietare l’ingresso nelle proprie città e località turistiche ai residenti lombardi, veneti o piemontesi.
Questi scontri quotidiani hanno a mio avviso mostrato la fotografia di un Paese in ginocchio e che litiga. Poco importa se il Governo centrale lancia la campagna per le vacanze in Italia e invita ad un turismo “etico”, gli italiani danno prova di incoerenza: è possibile vietare ai lombardi di non uscire dalla propria regione ma permettere a tutti gli Italiani di entrarvi? Possiamo desiderare che un turista tedesco o francese vada in vacanza in Sicilia ma che un piemontese non possa andare a trascorrere un weekend a Palermo?
Forse se veniamo esclusi dalle riaperture dei confini internazionali, la responsabilità è anche in parte nostra. La loro diffidenza è la nostra stessa diffidenza.