Abbiamo come ospite nel nostro appuntamento con le Orange Talks Francesco Alino, una laurea in Relazioni Internazionali, un master in sceneggiatura e frontman della band padovana Venti Settembre.
Oggi ve lo vogliamo presentare nella veste di regista/sceneggiatore. Fra i più recenti traguardi di Francesco segnaliamo “70 giorni”, cortometraggio interamente girato col cellulare durante il periodo di lockdown.
Nell’ultima settimana è stato selezionato al Direct Monthly Online Film Festival, è giunto in semifinale ai Prisma Independent Film Awards di Roma e ha vinto il premio per il miglior corto girato con uno smartphone al Prague International Monthly Film Festival.

Andiamo a conoscerlo meglio:
Ciao Francesco, per iniziare parlaci un po’ di te, chi è F. Alino Guerra?
Semplicemente una persona che sente l’urgenza personale di esprimersi e cerca di farlo utilizzando diversi linguaggi. Ci sono sensazioni e pensieri più efficacemente comunicabili utilizzando le note e i versi di una canzone, altri che hanno bisogno di essere convertiti in immagini, volti e corpi che si muovono.
La vena artistica non ti è mai mancata, ma da dove nasce la passione per il cinema?
Mi sono appassionato al cinema anni fa, quando ho deciso di approfondirne la conoscenza. La scoperta di alcuni autori in particolare mi ha aperto gli occhi su quanto quest’arte sia complessa, su come riesca a coinvolgerci sul piano emozionale e intellettivo e sulle infinite possibilità espressive che offre se si sfruttano al meglio tutte le componenti che danno vita a un film. La scrittura per lo schermo mi affascina perché oltre agli elementi narrativi tradizionali si può giocare con quelli propri del cinema, scrivendo immagini. Si hanno a disposizione molti strumenti per costruire storie stratificate, per giocare con la poesia al di là della semplice narrazione. È un tipo di scrittura il cui meccanismo assomiglia a quello del pensiero. La sceneggiatura mi affascina anche perché il suo destino è andare oltre la parola, oltre la scrittura stessa, autoditruggersi non per sopraggiunta inutilità ma per trasfigurarsi in qualcosa di più complesso che insieme le è figlio e la fagocita.

Parlaci un po’ del progetto Sangre Malo, ho avuto modo di vedere qualche corto e devo dire che è un gruppo dal gran potenziale.
Grazie! Siamo un collettivo che raccoglie idee, competenze e talenti per realizzare film, autofinanziandoci. La nostra è una troupe affiatata che cerca di alzare costantemente la qualità dei lavori che realizza. Per ora abbiamo prodotto diversi cortometraggi, l’ultimo – il più ambizioso da un punto di vista produttivo, scritto da Stefano Dallan e diretto da Giacomo De Bello – è stato girato appena prima che scoppiasse l’emergenza Covid-19. Abbiamo in cantiere la produzione di altri due corti, che gireremo appena sarà possibile, e diverse idee per lungometraggi che stanno prendendo forma.
Quali sono i progetti futuri?
Per quanto mi riguarda, sicuramente la ricerca di fondi e interesse produttivo per la realizzazione di due cortometraggi che ho scritto nel corso dell’ultimo anno. Uno di questi è uno studio in vista della realizzazione di un lungometraggio, del quale io e un’amica/collega abbiamo appena terminato la prima stesura della sceneggiatura. È una storia corale sulla crisi di coppia come sintomo di spaesamento esistenziale, racconta una giornata nella vita di quattro individui nel cui profondo l’attrazione istintiva verso il mondo esterno e i suoi stimoli violenti e seducenti lotta contro la voglia di stabilità, di serenità, di tenerezza.

Dal tuo punto di vista, quanto è importante avere una buona cultura di quello che è il mondo del cinema nel modo odierno di fare comunicazione?
Credo che oggi una conoscenza di base dell’audiovisivo sia fondamentale per la comunicazione in tutti i campi, dal pubblicitario al sociale. Anche le storie su Instagram, per dire, utilizzano – consapevolmente o meno – elementi del linguaggio che il cinema ha sviluppato nel corso della sua storia. Al di là di questo, l’audiovisivo è talmente presente nelle nostre vite che credo sarebbe ora di integrare nel programma scolastico di Storia dell’Arte la storia del cinema e lo studio delle opere dei più grandi registi, per conoscere più in profondità quel linguaggio e saperlo analizzare, per non essere succubi di chi lo maneggia a fini propagandistici o pubblicitari. Credo anche che questo aiuterebbe a generare più consapevolezza circa le possibilità artistiche del mezzo, al di là di quelle puramente ludiche alle quali siamo sempre più abituati. In più ci sono film la cui conoscenza è fondamentale, per la cultura personale, quanto quella de I Promessi Sposi o dei quadri di Caravaggio: se ci preme non affidare la conoscenza (e memoria) di queste opere a un’eventuale e casuale curiosità spontanea degli studenti, potremmo pensare lo stesso per capolavori di uguale valore come La Passione di Giovanna d’Arco, Andrej Rublëv, Persona.
Per concludere, perché ti senti un po’ “orange”?
Forse la qualità che mi rende “orange” è la sete di bellezza e la predisposizione a cercarla in quello che mi circonda, anche quando trovarla non sembra un’impresa facile. In fondo questa è una forma di ottimismo!
Grazie Francesco per la chiacchierata, a presto!

Per chi fosse interessato a conoscere meglio il progetto Sangre Malo Film ecco i riferimenti:
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Instagram:
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Vimeo:
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Foto in copertina di @studiomagma