Viviamo nel millennio del “tutto e subito”: hai fame? C’è Just Eat, un click e il tuo panino preferito è subito a casa. Ti serve un nuovo smartphone? C’è Amazon. Ti sei dimenticato di fare la spesa e sei ancora in ufficio? Nessun problema, spesa online.
Vuoi conoscere l’anima gemella? C’è Tinder, facile, divertente, non devi nemmeno uscire di casa per chattare con le persone compatibili secondo l’algoritmo dell’app.

Non sono un nostalgico, mi piace guardare al futuro con ottimismo, pensando che ogni innovazione sia effettivamente un aiuto concreto nella nostra quotidianità.
Demonizzare ciò che va incontro al cambiamento della società, abbracciandolo, non ha davvero senso.
I ritmi lavorativi sono sempre più frenetici, i paesi sono diventate città, le città metropoli; le possibilità di socializzare sono ridotte al minimo in quei pochi luoghi di ritrovo in cui ci si guarda il più delle volte con diffidenza e gli occhi sono concentrati più sulle foto condivise sullo smartphone che sull’ambiente circostante.
Nulla di strano, nulla di nuovo rispetto alla realtà a cui siamo abituati. Non c’è un meglio o peggio, altrimenti rischiamo di cadere nuovamente nei luoghi comuni, è una fase evolutiva (per alcuni involutiva), ma è una fase necessaria.

Sono dell’idea che l’educazione al digitale ci abituerà man mano ad utilizzare le innovazioni con grano salis, riducendo al minimo l’abuso ed ottimizzandone l’uso responsabile, secondo i dettami del minimalismo digitale, corrente di pensiero in cui credo molto.
E così penso sia anche per le app di incontri, vera e propria cartina tornasole della nostra socialità. In Italia, paese tradizionalmente conservatore quando si parla di rapporti sentimentali, app come Tinder sono ancora viste come un tabù, mentre in altri paesi viene universalmente accettata la loro utilità.
Alla classica domanda “come vi siete conosciuti?” fatta ad una coppia, più volte vivendo all’estero mi è capitato di sentir dire “su Tinder” con naturalezza, senza il timore del giudizio altrui, semplicemente perché non c’è nulla di male.
Al contrario, in Italia, per due persone che si sono conosciute virtualmente, l’immaginazione vola e le storie stile Notting Hill o How I Met Your Mother si sprecano.

“Ci siamo conosciuti al parco, io leggevo un libro e lui si è avvicinato col suo labrador, quando improvvisamente ha iniziato a piovere e ci siamo riparati sotto il mio ombrello giallo”.
Perché dire “niente eravamo un match su Tinder, abbiamo iniziato a chattare e ci siamo piaciuti” pare brutto.
Italiani, ultimi romantici o ultimi creduloni? Penso che la verità come al solito stia nel mezzo: accettare un cambiamento così radicale nei modi di socializzare, e addirittura di instaurare rapporti sentimentali, è sicuramente un passo a cui non tutti sono pronti, soprattutto in paesi più tradizionalisti.
Eppure il romanticismo non si esaurisce nel momento dell’incontro, lo testimoniano molte storie nate virtualmente e sfociate in matrimoni felici. Come, al contrario, storie di incontri strappalacrime sono finite in modo pessimo.

Il futuro è oggi, ma troppo spesso ce lo dimentichiamo, perdendoci in pericolosi arabeschi di retro pensiero buonista tutto all’italiana frutto dell’ipocrisia borghese che ci porta alle contraddizioni clamorose dei rotocalchi rosa, in cui i rapporti familiari e sentimentali vengono messi alla berlina e gettati in pasto a un pubblico assetato di notizie.
Ma in che direzione sta andando il resto del mondo? È notizia recente della nascita di Tesla Dating, l’app che permette di conoscere l’anima gemella selezionando fra una ristretta cerchia di possessori della famosa auto elettrica californiana.
L’obiettivo è trovare il famoso “match” con persone che condividono la stessa visione del mondo, improntata su innovazione e sostenibilità ambientale.

L’idea è dell’imprenditore canadese Ajitpal Grewal, convinto del successo di un progetto che ruota intorno all’ammirazione per Elon Musk che, siamo sicuri, non si farà sfuggire nemmeno questa opportunità di marketing.
Perché alla fine, che importa da dove si viene se non sappiamo dove stiamo andando?
L’inizio di una storia è solo il primo tratto d’inchiostro di un libro tutto da scrivere, che sia Tinder, un libro “galeotto”, un ombrello giallo o un’auto elettrica, l’importante è saper scrivere un bel finale.