Facciamocene una ragione: la parità di genere sarà forse uno dei traguardi più difficili da raggiungere. Nemmeno nello spazio, luogo di libertà per eccellenza dove l’assenza di gravità sembra poter abbattere barriere e preconcetti di qualunque tipo, è possibile mettere sullo stesso piano uomini e donne.
Ne è un esempio drammaticamente perfetto, seppur spesso dimenticato, quello del programma Mercury 13 che per la prima volta negli Stati Uniti consentì ad alcune donne di accedere (almeno in apparenza) all’esperienza spaziale nel senso più scientifico e pratico del termine.
A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, in piena battaglia scientifica tra Unione Sovietica e Stati Uniti per l’invio in orbita del primo uomo, il ricercatore William Randolph Lovelace II dimostrò particolare interesse per una potenziale missione spaziale al femminile. Infatti le astronaute essendo più minute, pesando meno e respirando una minore quantità d’ossigeno sembravano essere più adatte ad affrontare un’esperienza di quel tipo. Non venne menzionato alcun fattore legato alla preparazione o all’esperienza di volo, tuttavia Jerrie Cobb, pioniera dell’aviazione americana e componente del Mercury 13, aveva accumulato più di mille ore di volo, circa il doppio rispetto a quelle che possedeva il collega John Glenn nel momento in cui divenne il primo statunitense in orbita attorno alla Terra. Ma non finisce qui. Jerrie infatti già dall’età di 19 anni insegnava ad altri colleghi uomini a volare e poco dopo i 20 veniva spesso coinvolta nella consegna di bombardieri quadrimotori e caccia militari alle aeronautiche militari straniere di tutto il pianeta. Glenn, dal canto suo, dopo la guerra di Corea e dopo esser divenuto pilota collaudatore si rese molto popolare partecipando a numerose trasmissioni televisive.
Myrtle Cagle, altra straordinaria componente del Mercury 13, aveva ottenuto il brevetto di volo a 19 anni e in seguito si era iscritta alla Women Air Force Service Pilots, un’organizzazione formata da donne che sotto la direzione dell’United States Army Air Forces pilotavano aerei militari durante la Seconda Guerra Mondiale. Vennero selezionate 1074 donne incredibili…e Myrtle fu una di loro, con alle spalle 4300 ore di volo.

Alan Bartlett Shepard Jr., del Mercury 7, aveva combattuto proprio durante quella stessa orribile guerra e, dopo la sua conclusione, era stato scelto tra i “magnifici 7” per dare lustro agli Stati Uniti e onorare il suo Paese. Divenne il primo astronauta statunitense a volare nello spazio. Durante la missione svoltasi nel 1971, giocò a golf sulla Luna.
Come per i componenti del Mercury 7, anche le donne del Mercury 13 vennero sottoposte a test clinici e attitudinali di ogni tipo, alcuni al limite della sopportazione umana. 3 di loro, ebbero l’opportunità di accedere addirittura alla Fase II del programma ma questo venne interrotto bruscamente. Le donne del Mercury 13 ricevettero un semplice telegramma che infrangeva i loro sogni, nulla più. Per l’ingiustizia subita, portarono il loro caso al Congresso nel luglio del 1962…ma anche qui, con una risposta secca e disarmante, il vicepresidente Lyndon Johnson dichiarò che il programma andava fermato subito.
Ancora una volta, con insensata discriminazione, alle donne venne negata la possibilità di dimostrare le loro capacità. Anzi, forse proprio per questo, perché spesso molte cose le sanno fare meglio dei loro colleghi uomini, chi è al potere ha paura di doverlo ammettere.
Magari un giorno la situazione sarà ribaltata e saremo noi donne a discriminare in qualche modo gli uomini, ma fino a quando la parità di genere non sarà consolidata e ingiustizie come quella del Mercury 13 non saranno scongiurate, di certo le donne continueranno a combattere per i loro diritti, gli stessi che gli uomini possiedono ogni giorno senza dover batter ciglio.
