La Storia è un pilastro fondamentale della nostra cultura. Esistono storie di resistenza pacifica e sensibile che ci insegnano molto e che dovremmo prenderci la responsabilità di raccontare. E se scoprissimo che combattere non è solo un’azione di violenza ma può essere un atto di estrema unione?
Siamo nel 1941 e i nazisti stanno assediando Leningrado. Una città immersa nel terrore si appresta ad affrontare la paura e l’odio disumano della guerra. Shostakovich però, compositore stimato e uomo di coraggio, non ci sta e pronuncia un discorso alla radio utilizzando queste parole: “tutto il mondo sappia che nella mia città, qui a Leningrado, si fa la fame, si ha paura, ma i teatri sono aperti, gli scrittori scrivono, i musicisti compongono e noi che siamo artisti non ci sposteremo di un centimetro dal posto in cui siamo, che è il posto in cui l’artista lotta…e per questo l’artista è invincibile”.

Shostakovich che fronteggia l’odio e la paura rimanendo nel suo teatro, combattendo con umiltà facendo semplicemente il suo lavoro. La cattiveria intorno a lui si scatena senza pietà ma non arriva a scalfire il teatro. Una parte di popolo si abbraccia da lontano, resiste alla cattiveria e alla miseria del nazismo: il popolo dell’arte non si arrende. E se il primo vero atto di resilienza fosse proprio unirsi e fare ciascuno la propria (p)arte?
Quasi cinquant’anni dopo, Muro di Berlino. Anni di divisione, discriminazione, disuguaglianza, ingiustizia. Tutto causato da un muro costruito dalla sera alla mattina che genererà per anni disperazione e profonda tristezza. Dopo la caduta, nel novembre del 1989, il violoncellista Mstislav Rostropovich esegue Bach ai piedi di quel che rimaneva del muro, davanti a centinaia di persone accorse per condividere la gioia della libertà e del rispetto nuovamente ottenuti. Anche qui c’è da chiedersi: se ci abbracciamo felici di esserci ritrovati e nel mentre ascoltiamo le note di qualcuno che a suo modo condivide lo stesso sentimento, la Musica non si meriterebbe forse maggiore importanza?

Ci spostiamo a Parigi. Il 15 aprile del 2019 nel tardo pomeriggio appaiono in televisione le prime immagini della Cattedrale di Notre Dame de Paris, in fiamme. Lo sgomento generale e la tristezza prendono il sopravvento tanto che il mondo intero rimane col fiato sospeso sperando di veder spegnere l’incendio e augurandosi di non aver perso uno dei più immensi capolavori del Pianeta.
I francesi si riversano nelle strade con le lacrime agli occhi e le candele accese, cantano insieme un Ave Maria. Pregano che Notre Dame si salvi e hanno paura di perderla. La musica li aiuta, consente a chiunque di fare qualcosa, permette ai parigini di sentirsi più uniti, stretti in un enorme abbraccio. L’incendio comincia a indebolirsi, ma loro continuano. L’abbraccio va avanti e sostiene, cura lo spirito e aiuta l’anima a sanarsi ed alleggerirsi. Notre Dame è danneggiata ma non muore.

2020: un anno a tratti surreale. Bandiere italiane ovunque e un senso di comunità forse ritrovato. Musica, in tutti i balconi da Nord a Sud, per sentirsi più vicini quando il tempo per gli abbracci si è esaurito e non si può nemmeno allungare la mano da un terrazzo all’altro per sfiorarsi. Il mondo dello spettacolo non si arrende, entra nelle case con lo streaming e facendosi sentire in ogni angolo. Napoli canta a squarciagola “Abbracciame” nel buio di una sera da lockdown mentre a Roma, affacciato su una Piazza Navona deserta, un ragazzo con la chitarra accende le note di Ennio Morricone. L’Italia intera si illumina con milioni di torce e lanterne. In un attimo siamo tutti più vicini.
Smettiamola di lamentarci per la situazione in cui ci troviamo: combattiamo armati di Musica, di amore verso l’altro e di senso di responsabilità.
Far musica è il più grande atto di resistenza.
#invincibili