Il posto fisso esiste ancora o è diventato una leggenda? È questo l’interrogativo che si pongono giovani e meno giovani, fra speranze per il futuro e frustrazioni per un lavoro che non soddisfa appieno le aspettative. Ma qual è la risposta?
I numeri, anche alla luce della crisi economica che stiamo vivendo, parlano di una drastica riduzione delle certezze per qualsiasi lavoratore impiegato in aziende private, mentre lo stesso non si può ancora dire del pubblico, ultima oasi felice in cui il posto fisso non è una chimera, ma una solida realtà.
Eppure il progresso non tiene al sicuro nemmeno i lavoratori pubblici nei prossimi anni: l’evoluzione tecnologica, i passi avanti nell’impiego dell’intelligenza artificiale e un generale snellimento della burocrazia e dei processi, faranno sì che serviranno sempre meno persone ad occupare determinati ruoli, mentre altri spariranno del tutto.
E non si parla solo del lavoro manuale e di una manodopera a cui gli italiani sono sempre più allergici, ma anche di tutti i ruoli impiegatizi tanto cari ai figli del boom economico e ai loro successori.
L’automazione dei servizi renderà pian piano sempre più precari molti ruoli che, fino a qualche tempo fa, sembravano intoccabili, grazie alla ”magia” del machine learning.
Sembra uno scenario da Matrix, eppure sotto molti aspetti lo stiamo già vivendo: il progresso corre più veloce di noi, e chi non si adatta al cambiamento rischia di rimanere a piedi.
Lo sanno molti giovani che hanno scelto uno stile di vita non convenzionale, scegliendo di investire sulla formazione continua e soprattutto su sé stessi, rinunciando alla stabilità di un lavoro da dipendente e creandosi ogni giorno delle nuove opportunità.

È in quest’ambito che si sviluppa la sempre più diffusa figura del freelance, o detto nella nostra amata lingua, del libero professionista.
La precarietà e una generale stagnazione delle dinamiche interne del mondo del lavoro, hanno fatto sì che crescesse in molti giovani e meno giovani la consapevolezza che era arrivato il momento di prendere in mano le redini della propria vita, salpando da porti sicuri ma senza futuro, per attraversare gli oceani burrascosi dell’incertezza.
Perché senza una buona dose di rischio, anche i sogni più realistici non hanno la certezza di essere realizzati.
Serve coraggio e determinazione per lavorare per i propri sogni, mentre serve un’indole decisamente più doma per lavorare per aiutare qualcun altro a conseguire i propri, sacrificando la propria personalità e la propria creatività in modo irreversibile.
Servono anche pazienza e costanza, perché chi sceglie un percorso non convenzionale deve essere consapevole degli ostacoli che dovrà superare, delle critiche che potrà ricevere e dei momenti in cui la volontà potrà vacillare.
Ma ciò che serve, più di qualsiasi altra cosa, è una vision.
Una vision è una chiara idea di quello che sarà il futuro del nostro settore: quali potrebbero essere i trend? Quali potrebbero essere le nuove figure che nasceranno? Quali potrebbero essere i nuovi problemi da risolvere?

Con una vision chiara, nulla potrà far vacillare la nostra determinazione, e anche i momenti più difficili saranno superati brillantemente.
In un mercato del lavoro sempre più instabile, servono vision dirompenti, che mettano in discussione i paradigmi a cui siamo abituati, per aprire nuove strade e dunque nuove opportunità.
Ma queste vision non si svilupperanno mai con la mentalità del posto fisso, di chi si accontenta di relegare il proprio talento a un compito meccanico e sostituibile.
Dobbiamo cercare di essere insostituibili ed essere noi a crearci le opportunità, non cercarle.
Dobbiamo anche essere consapevoli della possibilità di cadere, ma in questo caso ci dovremo domandare: se sapessi fin dal principio di fallire, rifarei lo stesso il mio percorso?
Se la risposta è sì, allora siamo pronti a salpare, verso un oceano burrascoso, verso il futuro.